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Confermare o smentire le ipotesi di Umberto Zanotti Bianco e Paola Zancani Montuoro sulla funzione del santuario dedicato alla Dea Hera di Argo alla foce del fiume Sele: è questo lo scopo delle esplorazioni che studenti e ricercatori del dipartimento di studi umanistici, corso di laurea in archeologia e storia dell’arte, dell’Università Federico II di Napoli, stanno effettuando sotto la guida della docente Bianca Ferrara con la supervisione della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, guidata da Adele Campanelli, e il patrocinio e il supporto materiale del Comune di Capaccio Paestum. Quando Zanotti Bianco e la Zancani Montuoro, negli anni Trenta del secolo scorso, scoprirono l’esistenza del tempio e ne riportarono alla luce i resti, ipotizzarono che si trattasse di un “edificio perlustrazioni”, un edificio di accoglienza dove venivano anche organizzati pasti, come conferma il rinvenimento di moltissimi frammenti di ossa che gli studenti stanno raccogliendo in questi giorni durante i lavori di pulizia delle fondamenta del santuario che fino a qualche settimana fa giaceva seminascosto dalla vegetazione e che oggi, grazie al loro lavoro, è possibile vedere. Durante gli scavi gli studenti stanno recuperando anche molti piccoli frammenti di vasi antichi. «Une delle ipotesi è che si trattasse di un edificio religioso. – spiega Bianca Ferrara - Il progetto di valorizzazione e conferma dei dati scientifici avrà una durata di tre anni. Al momento le attività prevedono una durata di otto settimane con un finanziamento di appena tremila euro. Nonostante il budget esiguo è stato possibile effettuare le attività grazie al sostegno della soprintendenza, che ha fornito anche parte delle attrezzature necessarie per scavare, e del Comune che ha dato la possibilità agli studenti di pernottare nella scuola che si trova proprio a pochi metri dal sito archeologico». «Si sta riscavando nel tentativo di recuperare lembi di strati intatti dell’edificio. – spiega la direttrice del Museo di Paestum Marina Cipriani – Questo intervento permetterà di puntualizzare l’epoca a cui risale il sito, che secondo la Zancani Montuoro è il quarto secolo avanti Cristo, e cercare di capirne anche le funzioni e quindi a cosa serviva questa struttura interna al santuario». «Sono convinto che ognuno, per il proprio ruolo, deve collaborare per fare in modo che questo sito diventi una tappa della visita archeologica a Paestum. – aggiunge il sindaco Italo Voza – Era un peccato tenere questo sito sotto l’erba perché è da qui che è iniziata la storia di Paestum ed è una parte importante del nostro turismo culturale che assieme al turismo balneare sono fondamentali per il rilancio economico di Capaccio Paestum». A pochi metri sorge il Museo Narrante dell’Heraion, dedicato alla storia del sito di Hera Argiva, chiuso a causa dei danni provocati dall’esondazione del Sele nel 2010. In questi giorni sono finalmente iniziati i lavori necessari alla riapertura che dovrebbe avvenire in autunno.